Cari tutti!
Come state? Fatemi sapere qualche cosa di voi!
Avete conosciuto il mio successore?
Vi auguro tante belle cose.
Il vostro prof.
mercoledì 7 ottobre 2009
lunedì 23 marzo 2009
La logica di Aristotele. Il "De interpretatione"
Nel De interpretatione, Aristotele si occupa delle proposizioni, ossia di quelle connessioni di termini che hanno la "capacità" di essere vere o false. Non ogni connessione di termini, infatti, ha la "capacità" di essere vera o falsa (è il caso di tutta quella serie di connessioni di termini - preghiere, esortazioni, comandi - che, pur essendo dotate di significato, non hanno la "capacità" di essere né vere né false). L'interesse della logica ricade solo sui discorsi dichiarativi o apofantici, non su quelli significativi o semantici. "Per favore, apri la porta": questo è un esempio di connessione di termini significativa ma non apofantica (non ha senso, cioè, chiedersi se tale connessione di termini sia vera o falsa). In relazione a un termine isolatamente considerato non ha senso chiedersi se esso sia vero o falso; tuttavia, non ogni connessione di termini costituisce un discorso in relazione al quale abbia senso chiedersi se sia vero o falso. Le connessioni di termini di cui si occupa la logica (le proposizioni) sono classificate da Aristotele in base a due criteri: la qualità (da questo punto di vista le proposizioni si distinguono in affermative e negative) e la quantità (da questo punto di vista le proposizioni si distinguono in universali, particolari e individuali). Tralasciando le proposizioni individuali, si ottengono le seguenti tipologie di proposizioni: universale affermativa ("ogni uomo corre"), universale negativa ("nessun uomo corre"), particolare affermativa ("qualche uomo corre") e particolare negativa ("qualche uomo non corre"). Aristotele studia i rapporti che sussistono tra queste diverse tipologie di proposizioni in relazione al problema della verità. I logici medievali hanno riassunto i risultati di questa riflessione aristotleica nel famoso quadrato di Psello (Adfirmo, nEgo, adfIrmo, negO). L'opposizione più forte è quella tra le proposizioni contraddittorie: se una è vera, l'altra è necessariamente falsa, e viceversa. Le proposizioni contrarie possono essere entrambe false, ma non entrambe vere. Le proposizioni subcontrarie possono essere entrambe vere, ma non entrambe false. Per quanto riguarda le proposizioni subalterne, infine, si deve dire che se l'universale è vera, lo è anche la particolare; se l'universale è falsa, la particolare può essere sia vera che falsa; se la particolare è vera, l'universale può essere sia vera che falsa; se la particolare è falsa, anche l'universale è falsa.
domenica 1 febbraio 2009
Il parricidio. Nel Sofista, Platone distingue due significati di "non essere": quello assoluto, secondo il quale "non essere" significa "nulla" e quello relativo, secondo il quale "non essere" significa "diverso". Sulla base di questo chiarimento, Platone supera l'equivoco che costringeva Parmenide a negare il molteplice.
Il mondo delle idee: la concezione platonica dell'intero. L'intero, secondo Platone, si articola in due tipi di realtà: il mondo sensibile, il "nostro mondo", il mondo delle cose particolari e divenienti che noi conosciamo attraverso l'esperienza sensibile; e il mondo delle idee, ossia di quelle realtà universali, eterne e immutabili che conosciamo attraverso una conoscenza di tipo concettuale.
Le cause del mondo sensibile. Nel Timeo, Platone spiega l'origine dell'universo sensibile: il Demiurgo, ossia l'artefice, produce il mondo sensibile plasmando la materia informe secondo il modello delle idee e cioè produce il mondo sensibile a immagine e somiglianza delle idee. Il nostro mondo, dunque, non è che una copia del mondo delle idee e le cose particolari e sensibili, che nascono e muoiono, sono eternamente conservate nelle idee immutabili. Platone riprende così il modello già introdotto dai fisici pluralisti e da Democrito, quel modello in base al quale la realtà resta divisa in un essere fondamentale ed eterno (non soggetto al divenire) e in un essere secondario e derivato (l'essere delle cose sensibili divenienti).
MZ
lunedì 24 novembre 2008
So che avete toccato il tema della contrapposizione Platone/Aristotele.
Torneremo sull'argomento..intanto ammirate questo dipinto di Raffaello ("La scuola di Atene"): Platone e Aristotele sono i due personaggi centrali (Platone indica il cielo e Aristotele punta la mano verso il basso). Questa rappresentazione dei due filosofi richiama da vicino quel modo di interpretare i rapporti tra i due filosofi, che, mi pare di aver capito, voi avete incontrato con la collega di lettere. Ecco il link: http://www.cercaturismo.it/public/absolutenm/articlefiles/977-StanzeDiRaffaello_ScuolaDiAtene-part.jpg
Ps: vi ho messo il particolare anche per evitare intrusi (grazie per la segnalazione)...
A presto.
MZ
giovedì 13 novembre 2008
Dal pongo al lego
La struttura del discorso che si ritrova nei fisici pluralisti (Empedocle e Anassagora), ma anche nell'atomismo di Democrito è in sostanza la stessa. Si distingue l'essere fondamentale dall'essere derivato. L'essere fondamentale è l'essere di Parmenide, frammentato però in una molteplicità di elementi (le radici di Empedocle, le omeomerie di Anassagora e gli atomi di Democrito) la cui unione e separazione spiega la nascita e la morte delle cose divenienti attestate dall'esperienza (le quali cose o fenomeni costituiscono l'essere derivato).
MZ
martedì 4 novembre 2008
Parmenide
Le cose si fanno davvero serie...
Il "venerando e terribile" Parmenide è veramente il punto di riferimento della filosofia occidentale!
"L'essere è e non può non essere": è il principio di Parmenide e le sue conseguenze sono appunto "terribili", almeno per il senso comune che crede di avere sotto gli occhi proprio ciò che Parmenide, sulla base di quel principio, dichiara invece impossibile, inesistente (il mondo molteplice e diveniente).
L'essere è ingenerato (se si generasse non sarebbe prima della sua nascita).
L'essere è imperituro (se morisse non sarebbe dopo la sua morte).
L'essere è dunque eterno, immutabile, immobile.
L'essere è uno (le molteplici differenze del mondo non esistono): se l'essere fosse molteplice si cadrebbe nell'assurdo di proposizioni del tipo "A non è B".
In una parola, il mondo non esiste. Il principio della ragione conduce alla negazione della realtà del mondo: frattura tra ragione ed esperienza (esperienza che dice appunto "il mondo esiste").
Le domande della prima filosofia (qual è l'archè? qual è la proprietà comune a tutte le cose differenti?) sono così "svuotate" del loro significato (perchè la generazione è impossibile e perchè il molteplice delle differenze non esiste).
Buon divertimento!
MZ
martedì 28 ottobre 2008
ricapitoliamo!
Anche se immagino già la reazione seccata di qualcuno (!), ritengo importante fare il punto della situazione...
Dunque, si parlava di Eraclito l'oscuro (e si tentava di renderlo un po' meno oscuro)...
Analogie con i precedenti filosofi: il fuoco è la realtà fondamentale; le cose provengono dal fuoco e nel fuoco si dissolvono; il fuoco è ciò di cui le cose sono fatte. Aspetti di novità: le cose si generano secondo la legge (logos) dell'opposizione (che dice: ogni cosa è diversa da tutte le altre cose). Allora: qual è la realtà fondamentale (archè)? Il fuoco governato dal logos. Qual è la proprietà comune a tutte le cose? Il fuoco di cui le cose sono fatte e la legge dell'opposizione, legge alla quale sono sottoposte tutte le cose che si generano (ogni cosa ha in comune con le altre sia la materia di cui è fatta - il fuoco - sia il suo esser diversa da ogni altra cosa).
E non "sbuffate"...vi vedo!
MZ
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